Il 26 Febbraio 2019 sono caduto per l’ultima volta, ovviamente sul palco del Teatro della Caduta. Ora questo luogo è chiuso e ne rimane solo una serranda chiusa su via Buniva.
A Torino 15 anni fa nacque il Teatro della Caduta, dalle idee e dai sogni di Massimo Betti Merlin e Lorena Senestro. Un rifugio per gli attori e gli artisti senza palco fisso, un luogo di accoglienza per i senzapalco, un ritrovo per i viandanti delle arti performative.
Proponeva spettacoli e serate di ogni genere, ma sempre originali e innovative, sempre diverse. Il collante che dava unione e coerenza a tutte le sua attività era il varietà del martedì… tutti i martedì, senza sconti. Un luogo in cui sperimentare, provare e soprattutto per cadere. Tutti coloro che approdavano a questo molo erano coraggiosi o sprovveduti pronti al fallimento, allo scopo di imparare e rendere ancor più salda la propria arte.
“Chi non ha mai fallito non può essere grande.” Herman Melville
Per me era un luogo magico, unico e inimitabile. Ecco perché.
Un teatro leggendario
Prima di tutto era piccolo, tanto piccolo. Stile che in casa mia, che già è piccola, ce ne stavano più di quattro di teatri della Caduta. Ma aveva tutto quel che serviva per essere un signor teatro: luci, amplificatori, sipario, fondali e una quinta. Il palco di 6 metri quadri era sovrastato da un antro in cui un’orchestra dal vivo accompagnava tutto il varietà, sempre bravissimi, giusto leggermente incurvati per non sbattere la testa sul soffitto. Ci stavano 45 spettatori, su sedie di legno pieghevoli. La regia tecnica stava su un piccolo soppalco sopra l’ingresso. Per entrare non si pagava un biglietto, mai. Tutti gli spettacoli si pagavano a cappello, gli spettatori potevano dare in base a quanto gli era piaciuto. Durante il varietà c’era un momento in cui si dava la possibilità a qualcuno del pubblico di salire dalla sala e cadere insieme agli artisti, senza filtri. Ci stava poca gente, ma a Torino lo conoscevano tutti.
Fin dalla sua nascita mi ha accolto e accompagnato con i primi numeri legati al teatro, facendomi conoscere un nuovo modo di fare spettacolo e stimolandomi nel provare nuove idee, per quanto folli fossero. Mi ricordo le prime serate passate nel camerino, che non era un camerino, ma pochi metri quadri dietro il palco in cui ci ritrovavamo in cinque o sei, aspettando di cadere. L’ansia e la tensione si percepivano nell’aria. A volte le mani mi tremavano, altre volte nell’attesa giocavo a carte con gli amici.
Il giorno in cui cadde il teatro
Martedì 26 Febbraio 2019 è stata l’ultima volta che ho calpestato quel palcoscenico, con tantissimi amici e compagni di viaggio di questi 15 anni. Con alcuni ho condiviso tanti altri spettacoli, con altri tante discussioni sull’arte, con altri semplicemente alcune camminate in montagna. Una serata ricca di ricordi, emozioni e voglia di fare teatro insieme, tra giocoleri e maghi, clown e musicisti, attori e cantanti.
Per questa ultima serata con noi quella sera, come ospite speciale, c’era Dirce, sempre meravigliosa e affascinante, protagonista dei primi anni del Teatro della Caduta. Cantante straordinaria in stile anni 30… perché lei è di quegli anni. Con i suoi 86 anni ci ha incantato ed emozionato un ultima volta con due brani di Edith Piaf, perché, come mi ha detto lei “non ci vedo più, ho problemi a camminare e a volte non mi funziona il cervello, ma la voce ce la ho ancora buona!”.
Le emozioni e le sensazioni che mi ha dato questo teatro in questi anni mi lasciano una domanda senza riposte, ora dove andrò a cadere il martedì sera?
Chi striscia sulla terra non è esposto a cadere tanto facilmente come chi sale sulle cime delle montagne. Søren Kierkegaard