Foto del Tour in Libano - Mago J, spettacoli di magia per adulti e bambini

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Foto del Tour in Libano

Foto
Tour campi profughi Libano 2010

Un mio amico mi ha detto “scrivi!” e lo ha pronunciato con il punto esclamativo. Al punto esclamativo non si può negare nulla.
Mi telefona l’amico Rodrigo e mi propone di fare un tour di spettacoli in Libano per i bambini dei campi profughi palestinesi. Accetto al volo e armato di una valigia di arnesi da spettacolo in men che non si dica mi ritrovo sull’aereo in direzione di Beirut. A questo giro di giostra sono solo, unico italiano in una compagnia di artisti per la maggior parte libanesi, ma che comprende pure una clown messicana, Gabriela Munoz e un artista di origami egiziano, Ossama Helmy. Dovrò usare il mio inglese maccheronico per tutte le necessità.
Poco dopo essere arrivato mi ritrovo alle 10 di mattina a fare colazione tra zuppe di ceci, cipolle e fagioli, carni varie, verdure in tutte le salse. Le mie perplessità vengono subito fugate dai sapori deliziosi di tutti i cibi locali. La vita libanese sembra ruotare tutta intorno al cibo. Non ci sono orari per i pasti e i locali che producono cibarie tengono aperto 24 ore su 24! Ovunque gli odori dei piatti speziati si diffondono per le strade, tra le auto e i condomini, confondendosi con lo smog del maniacale traffico di Beirut e l’aroma dei narghilé che vengono fumati in strada, nei bar, sugli scogli, nei parchi e tra i bambini. L’unica cosa a cui non riesco ad adattarmi è la bevanda ayran, yogurt salato, in compenso apprezzo il forte arak , liquore libanese che va giù bello liscio , ma la mattina dopo ti fa sorgere le nebbie padane nella testa.
Cerco di smaltire la colazione scoprendo Beirut, che è allo stato attuale una città in costruzione. Una infinità di gru e betoniere invade la metropoli. La guerra ha segnato profondamente le case ed alcune zone sono quasi rase al suolo, ma subito stanno sorgendo edifici a coprire i buchi e tutto il paese sembra voler velocemente dimenticare gli orrori del vicino passato.
La guerra è certamente finita, ma la presenza di militari con tanto di fucili, mitra e carri armati fa il suo effetto, ma ci si abitua presto e si passa in mezzo ai reticoli di filo spinato come fossero siepi di un parco cittadino.
Mi preparo per il tour che ci porterà a visitare Beirut, Tripoli, Tiro, Sidone, Harbel e Baalbek.
Il festival (Janana Mobile Carnival, www.al-jana.org) prevede che ogni giorno il bus degli artisti si muova da Beirut alla volta del luogo in cui incontreremo i bambini dei locali campi palestinesi.
Il viaggio in bus non risulta mai noioso, al contrario, sembra una sorta di viaggio picaresco con musica e balli all’interno del bus. Per i primi giorno può risultare divertente , al quarto le orecchie vorrebbero avere pace, ma i musicisti non hanno pietà di me a la musica araba mi accompagnerà fino alla fine del tour.
In ogni luogo incontriamo centinaia di bambini e scopriamo culture e modi di vivere differenti. In Libano ci sono 19 religioni, praticamente ogni settimana c’è una festa religiosa. Mentre vengono montati il palco e l’impianto audio per lo spettacolo conosco i bambini e gioco con loro. Vengo assaltato per le richieste di giochi di magia e ripasso le 4 parole arabe che mi servono per lo spettacolo, ma che per la mia pronuncia nessuno mai capisce, sic!
Sul palco mi esprimo a versi e gesti, ma le risate dei bambini sono universali e segnano il successo di uno spettacolo. I bambini dei campi palestinesi vivono in situazioni di degrado sociale e ambientale. Molti si prodigano per aiutarli e sostenerli, ma il loro numero è molto elevato. Su 4 milioni di abitanti in Libano 500,000 sono esiliati palestinesi.
I tempo di smontare palco e ammennicoli vari e si riparte alla volta di Beirut con il bus, per passare una serata mondana tra la attivissima vita notturna locale. Si cena mediamente alle 10 o le 11, si beve nei numeroso locali molto in e alla moda che proliferano in Hamra o in Jameiza e si torna a casa, in qualche maniera.
Un viaggio esperienza, un’esperienza di viaggio. Alla scoperta di un paese da poco uscito dalla guerra, ma in cui usi e costumi fanno ancora percepire il brutto sapore del passato. Sfortunatamente rimane ancora il grosso problema dei campi profughi all’interno del paese, una presenza che è ingombrante, ma umana. Si parla di persone con volti, storie, talenti e sogni, segregate in fatiscenti cittadelle e con nessun diritto sociale. Si spera che il tempo e gli interventi locali ed esteri riescano a ristabilire un equilibrio. Io intanto porto qualche sorriso qui e là, assaggio, gusto, annuso i lati e gli spigoli di questo mondo sfaccettato.



Se volete vedere qualche informazione in più sullo Janana Festival, potete cliccare QUI.


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